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Alla luna ho domandato

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Spesso l’inquietudine amara

ha fermato i miei passi

ha bruciato le parole sulle labbra

come stoppie in mezzo al campo

mi ha restituito pensieri monchi.

E le ali sono rimaste lì,

come un sogno precluso alle mie notti.

Ho guardato il vuoto

come si guarda un foglio vergine

senza segni o immagini e percorsi

e poi come si guarda un foglio nero

senza luci né ombre né colori

ed ho atteso senza sapere cosa

avrebbe spazzato via la mia inquietudine

ed ho atteso che il giorno al suo declino

mi promettesse la luna in un profilo vago

e che la notte le raccontasse storie

per trattenerla in cielo.

Alla luna ho domandato

se sono più gli amanti che i poeti

a farfugliare parole incomprensibili

a prendersi per mano come bambini

a confidar segreti o a sognare.

 Dedalus - 07/06/2020 23:08:00 [ leggi altri commenti di Dedalus » ]

Non fa domande la poetessa in questo suo monologo, né ne ha bisogno, ma come al solito mette le parole una dietro l’altra come se a suggerirgliele fosse quella stessa luna alla quale rivolge il suo soliloquio. Il suo narrarsi è fluttuante, le parole non hanno inciampi e son quiete, in un contesto amabile, e la poesia irrompe dilagando come un fiume in piena nelle sue casse d’espansione. Come al solito il suono è curato, segue la ritmica che la poetessa impone e ben lo percepiamo se osserviamo gli stacchi e le ripartenze. La poesia passa attraverso i suoi occhi, in forma semplice e casuale, spontanea e mai voluta ed arriva.

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